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TRUST SOLUTORIO; QUALI IMPOSTE SI APPLICANO?
IL TRUST SOLUTORIO
Il trust solutorio è realizzato per il soddisfare i crediti dei beneficiari.
Tale forma di trust, pur nella costituzione di un vincolo di destinazione, non comporta l’applicazione delle imposte di successione e donazione. (1)
Tali imposte, infatti, verranno applicate al momento dell’attribuzione finale dei beni al beneficiario, così come previsto dall’articolo 2, comma 47, del DL 262-06:
«E’ istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54.»
L’IMPOSTA E’ DOVUTA AL TRASFERIMENTO DEL BENE
Tale è il principio ribadito dalla Cassazione, con la sentenza 19167-19, con la quale si ribadisce che: In tema di “trust”, l’imposta sulle successione e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 (conv. con modif. dalla l. n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.
Fonte:
Giustizia Civile Massimario 2019
ALCUNI ESTRATTI DELLA SENTENZA
«Nel trust con effetti solutori, infatti, non vi è un arricchimento dei creditori che pur se indicati come “beneficiari” (come nel caso di specie) ricevono solo ciò che è di loro spettanza, con la liquidazione di una posta attiva che già appartiene al loro patrimonio (il credito). L’interpretazione di legittimità in materia si è evoluta attraverso il graduale recepimento, favorito anche dall’apporto della dottrina e della giurisprudenza di merito, di soluzioni intermedie e più sfumate, attraverso due posizioni concettualmente distanti tra loro. La posizione di partenza è fissata dalla seguente massima (Cass. n. 3735/15): “L’atto con il quale il disponente vincoli propri beni al perseguimento della finalità di rafforzare una generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, pur non determinando il trasferimento di beni ad un beneficiario e l’arricchimento di quest’ultimo, nondimeno è fonte di costituzione di un vincolo di destinazione, sicchè resta assoggettato all’imposta prevista dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito dalla L. 23 novembre 2006, n. 286, la quale – accomunata per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali – a differenza delle imposte di successione e donazione, che gravano sui trasferimenti di beni e diritti “a causa” della costituzione dei vincoli di destinazione, è istituita direttamente, ed in sè, sulla costituzione del vincolo” (in termini analoghi le successive nn. 3737, 3886, 5322/15). Questa sentenza sposa la tesi dell’immediata tassazione del trust all’atto della segregazione di beni e diritti, senza dover attendere il successivo trasferimento di essi in favore di soggetti beneficiari diversi dall’autore del vincolo funzionale, e riposa sull’asserito rilievo impositivo che sarebbe stato attribuito dal legislatore al vincolo di destinazione, per questi ultimi, con conseguente obbligo di corrispondere l’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, già al momento della segregazione del patrimonio destinato.
La posizione che possiamo definire di arrivo (Cass. n. 1131/19) afferma invece che: a) – “non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta”; b) – “in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (…), il giudice di appello (…) ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato”; c) – “una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sè un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”. Si ritiene che quest’ultima sia la posizione più persuasiva, così da dover essere qui recepita a composizione di un contrasto che può sul punto dirsi, anche in ragione di altre decisioni medio tempore intervenute, ormai soltanto diacronico.»
NOTE
(1) V. Greco, Il trust nell’ordinamento giuridico italiano tra prassi applicativa e diritto vivente, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2017
PER APPROFONDIRE:
www.commercialistatelematico.com/articoli/2019/08/la-tassazione-del-trust-solutorio.html
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